UNO SGUARDO INDIETRO PER RIFLETTERE

"A questo punto è particolarmente notevole il fatto che l'espressione più dura e determinante della condizione degli schiavi viene dal linguaggio giuridico greco, ed è la parola andrapodòn. Chiamare gli schiavi andrapoda è certamente ult'espressione di carattere colto ed artificioso, inventata dai giuristi sull'esempio di tetrapodòn, cioè quadrupede.

Nessuna delle molte espressioni che il greco conosce per indicare gli schiavi ha la crudezza di questo termine legale che vuol dire nient'altro  che "animale umano", più preciso e netto del termine latino equivalente , instrumentum vocale, cioè strumento parlante". (da Rapporti di lavoro nel mondo antico,  Istituto Lombardo - Accademia delle scienze e delle lettere -volume 108 - Milano 1974).

Oggi ci sembra incredibile che delle persone umane potessero essere definite così. Però chi a quei tempi contestava una simile definizione sollevava indignazione ed ironia perché uno schiavo era un essere inferiore e quindi era impensabile concedergli quei diritti che fanno di ogni uomo una persona umana.

A dispetto del dettame di fratellanza e compassione proposto dalle diverse religioni, la schiavitù umana è stata riconosciuta giuridicamente per moltissimo tempo, anche se sotto forme e vincoli diversi ed è crollata, almeno formalmente, solo nel secolo scorso.

E' inoltre caduta non solo per lo sviluppo della sensibilità sociale ma anche per il venir meno degli stimoli economici. che la sostenevano, permettendo alle istanze umanitarie di prendere il:sopravvento anche laddove questi stimoli erano predominanti (classico esempio è quello americano).

LA SCHIAVITU' OGGI

Ma la schiavitù è tutt'altro che legalmente abolita per milioni e milioni di esseri senzienti; gli animali, considerati specie inferiori così come razze inferiori erano considerate quelle umane da schiavizzare. Su queste specie inferiori viene ammesso ogni abuso per fini scientifici ed economici.

Così come per gli schiavi nel tempo si sono fatte leggi che cercavano di limitare gli abusi e di concedere loro un trattamento umano, oggi si tende a far approvare leggi che tendono a limitare gli abusi sulle specie "inferiori", alle quali però non viene riconosciuto il diritto alla vita ed alla non sofferenza.

Per gli esseri non umani siamo ancora ai livelli di schiavitù presenti per gli umani molto tempo addietro; come chi si occupava della sorte degli schiavi neri in America si sentiva criticare dicendo di pensare ai bianchi poveri anziché agli schiavi, così oggi chi si .occupa delle sofferenze dei non umani si sente spesso dire di pensare prima agli uomini (salvo poi scoprire che spesso il massimo sforzo umanitario di chi lo dice consiste nel versare qualche somma a favore del Terzo Mondo e sistemare la coscienza - ma questo è un altro discorso).

LA SOLIDARIETA' GLOBALE

La nostra risposta/proposta a questo problema si chiama solidarietà globale.

Ciò significa che la sensibilità verso chi soffre non deve essere influenzata dalla razza o dalla specie. Ogni essere senziente deve quindi essere "persona", umana o non umana, con il diritto di vivere secondo la propria natura e senza soffrire. Solidarietà globale vuole anche dire che l'aiuto verso chi è in stato di bisogno non deve tradursi nella sofferenza verso altri soggetti, di comunità, razze o specie diverse.

Certo, sappiamo bene che definire gli animali persone non umane, quindi soggetti di diritto, comporta la stessa reazione che avevano le generazioni passate verso chi osava mettere in discussione l'inferiorità degli schiavi, dei servi della gleba o dei paria indiani.

Se però nessuno lo avesse fatto, gli "andrapoda" sarebbero ancora presenti in molti ordinamenti giuridici. E sappiamo anche bene che non basta un riconoscimento giuridico a risolvere i problemi, come dimostrano le discriminazioni che tuttora incontrano non solo i paria indiani, ma gli stessi discendenti degli schiavi americani. Per non parlare dello sfruttamento "bestiale" verso la manodopera nei paesi in via di sviluppo.

DALLE PAROLE AI FATTI

Contro queste situazioni di fatto si può operare favorendo lo sviluppo di una mentalità in cui la solidarietà globale sia elemento fondamentale. Fin quando ci sarà il principio che è giusto che vi siano esseri da trattare come "animali", in contrapposizione al trattamento riservato all'uomo, si può star certi che molte fasce di persone umane verranno inserite nella schiera degli "animali", come oggi si può facilmente vedere nei paesi in via di sviluppo.

Per questo l'associazione Progetto Persona cerca di aiutare coloro che operano nel sociale in Italia ed all'estero e che condividono il principio di solidarietà globale, attraverso la raccolta di aiuti finanziari o diffondendo le loro iniziative.

Questo è il contributo che vogliamo dare affinché ci sia speranza che in un lontano giorno via sia la stessa sensibilità nei riguardi di qualunque essere senziente in difficoltà da considerarsi una persona, come noi.

E' chiaro che il percorso è lunghissimo, ma si sa anche che finché  non si parte non si arriva mai in nessun posto.